Beata innocenza
Un piano b chiamato elezioni

Che potesse nascere un’incomprensione fatale sulle riforme fra il governo e Forza Italia era quasi scontato. Invece di siglare un accordo alla luce del parlamento, si è preferito raggiungerne uno nelle segrete stanze, al punto che il capogruppo alla camera di FI, Renato Brunetta, vorrebbe ancora conoscerne il testo esatto. Soprattutto, una volta raggiunto l’accordo, non si è deciso di costituire insieme un governo per definirne il programma attuativo e ciascuno è rimasto sulle sue posizioni, Renzi al governo, Berlusconi all’opposizione. Maniera ben strana di aprire una fase di transizione utile a stabilire regole comuni. Tale fase, infatti, avrebbe preteso anche comuni responsabilità. Invece queste responsabilità il Pd le ha prese con una porzione di fuoriusciti come la fazione di Alfano. Va da se che si arrivasse con Brunetta a proferire ultimatum. Poi è probabile che nemmeno Brunetta creda davvero che si possa avere una nuova legge elettorale prima di Pasqua, così come il governo sogna se davvero spera di poter andare avanti da solo sul percorso delle riforme. Il ministro Boschi non si rende ben conto di cosa dice: anche ammesso che vi siano i voti sufficienti per procedere sulle riforme senza il concorso delle opposizioni, il governo si appresterebbe a varare una riforma della Costituzione a colpi di maggioranza, e questo non sarebbe la prima volta. Sarebbe invece la prima volta che un parlamento, eletto sulla base di una legge ritenuta incostituzionale, modificherebbe la Suprema Carta della Repubblica. Un obbrobrio di cui non crediamo che Renzi voglia macchiarsi. Da qualche settimana è evidente come si sia resa difficile la corsa di Renzi. Per poter trovare la necessaria velocità, lo scattista ha bisogno di un fondo più solido di quello che si è trovato il premier. Purtroppo l’inizio della legislatura è stato rocambolesco e solo attraverso un patto saldo con uno dei principali partiti di opposizione, quello di Berlusconi o quello di Grillo, si poteva cercare di compiere un ‘impresa come quella che Renzi si ripromette. Grillo non era disponibile. Berlusconi, invece, lo era, ma è prossimo a venir impedito nella sua agibilità politica da motivi giudiziari. Anche se Renzi potesse contare sul Pd come di una falange macedone e raggranellare dei voti sparsi qua e là per il Parlamento, in queste condizioni disperate, sarebbe meglio desistere. Il ministro Boschi, sostiene che il governo non dispone di un “piano b” ed è convinta che bisogna procedere nella direzione tracciata ad ogni costo. Beata innocenza. Un disperato nella giungla, inseguito da una tribù di cannibali, si comporta in effetti come prescrive il ministro Boschi. Il premier di un paese democratico, fortunatamente, dispone a contrario sempre di un “piano b”, e questo piano si chiama “elezioni”.

Roma, 8 aprile 2014